Vino e covid-19

L’impatto che il covid-19 lascerà sulla nostra società sarà molto forte. La perdita di vite umane, mai così tante in così poco tempo dopo l’ultimo conflitto mondiale, il cambiamento delle nostre abitudini dovuto al distanziamento sociale che necessariamente dovremo mantenere anche dopo la fine della fase acuta della pandemia e i danni alla nostra economia, tanti. Tra i settori colpiti, nonostante non sia stato soggetto a fermo obbligatorio, c’è senz’altro quello vitivinicolo. Anche se l’intera filiera, dalla produzione alla vendita, sia pure con dei rallentamenti ha potuto continuare a lavorare, i danni si sono già fatti sentire. La permanenza di tutti noi nelle nostre case ha fatto si che il volume delle vendite nel breve sia raddoppiato, ma i numeri parlano di un incremento della fascia di prezzo medio-basso legata perlopiù alla grande distribuzione. Le prospettive del settore nel prossimo periodo, soprattutto per quanto riguarda i vini di qualità, sono però tutt’altro che rosee. Il 40% delle cantine è in crisi di liquidità, crisi prodotta dalla chiusura di tutto il settore Ho.Re.Ca., non solo in Italia ma anche all’estero (l’export del settore è pari a circa il 60% dell’intero fatturato del 2019 pari ad 11 miliardi). Per molte di queste cantine diventa difficile finanziare la produzione e la loro sopravvivenza è a rischio. La struttura produttiva enologica italiana si presenta piuttosto frammentata. Il numero medio di addetti per impresa nel nostro paese è pari a 10 (contro i 16 in Francia ed i 15 in Germania) ma la maggior parte di esse è costituita da piccole/medie realtà produttive a conduzione familiare, una caratterizzazione in generale senz’altro positiva in quanto consente di mantenere e valorizzare quelle che vengono considerate le principali caratteristiche di un vino di qualità ovvero il legame con il territorio ed il mantenimento delle tradizioni. In questo particolare momento però, la dimensione familiare diventa un elemento di debolezza, di fragilità economica che va tutelato. Queste aziende, a bassa capitalizzazione, vanno difese per il valore strategico che esse hanno e che non dobbiamo perdere perchè costituisce un elemento qualificante della produzione vinicola italiana. In questo momento è importante orientare i consumi verso le produzioni delle piccole cantine che, spesso per scelta e talvolta per mancanza di forza, non commercializzano attraverso la grande distribuzione. Molte di esse sono da tempo organizzate per la vendita a distanza, su ordinazione. Lo stesso stanno facendo molte enoteche, anche quelle più piccole. La possibilità di acquistare vini di qualità e di sostenere i piccoli produttori c’è, dunque, anche in questa situazione di emergenza e senza muoversi da casa. Approfittiamone, può essere l’occasione di conoscere meglio il nostro patrimonio enologico.

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