Metti una sera…da Emanuele Ranchella

Metti una sera di dicembre, quando fuori fa un freddo che ti penetra nelle ossa e tu ti trovi in una cantina ben riscaldata, tra botti e tini. Metti che insieme a te ci siano un gruppo di amici accomunati dalla stessa passione. Metti ancora che la cantina sia quella di Emanuele Ranchella, che produce vino in quel di Grottaferrata avendo raccolto una tradizione di famiglia che risale al 1857. Infine, metti che Emanuele abbia organizzato una verticale che abbraccia tutte le annate dei suoi vini, uno stato dell’arte del suo lavoro, un piano sequenza in cui assaporare le traiettorie evolutive percorse nel tempo dai suoi Virdis e Ad Decimum. Cosa vuoi di più, verrebbe da dire…Eppure il di più c’è stato, ed è stata una vera sorpresa. Questi vini, che fino oggi avevamo apprezzato per lo più nella loro fase giovanile, hanno rivelato un notevole ed inatteso potenziale di invecchiamento. “Vedete l’importanza della stagionalità?” dice Emanuele mentre continua a stappare bottiglie andando a ritroso nel tempo. E’ vero, la stagionalità e la sua capacità di influenzare i vini, soprattutto nei profumi.

Ma andiamo per ordine. La serata è iniziata con il Virdis, che Ranchella produce vinificando il Trebbiano Verde in purezza. Questa uva rappresenta una menzione regionale del Verdicchio marchigiano che si è ben adattato a questo territorio fornendone una espressione tipica pur mantenendo alcune caratteristiche distintive del vitigno. L’annata 2022, l’ultima in circolazione, è risultata esplosiva nei profumi, fiori e frutti ma anche sottili note balsamiche e di cenere. Nell’annata 2021 netta è la percezione di sapidità, grazie alla stagionalità il vino si presenta più verticale del precedente. L’impatto olfattivo è minore ma aumentano complessità e finezza. Nel 2020 i sentori floreali e fruttati assumono il tono giallo della ginestra e della pesca, la struttura aumenta e il vino si fa apprezzare per il suo buon equilibrio gusto-olfattivo. La vera sorpresa viene dal Virdis 2019, a cominciare dal colore giallo paglierino intenso e vivo. Frutti e fiori lasciano spazio ad intriganti note olfattive balsamiche e di erbe officinali mentre il gusto è arricchito da un finale piacevolmente ammandorlato. Infine il 2018, la prima annata prodotta, un’annata particolare caratterizzata da piovosità e clima freddo. Anche in questo caso i sentori olfattivi risultano orientati su elementi complessi come la mineralità, il gesso, le erbe aromatiche e la salvia.

Volendo trarre una conclusione possiamo dire che il Virdis è un vino che si apprezza molto nella sua fase giovanile ma che, avendo la pazienza di tenerlo in cantina, offre grandi soddisfazioni anche in quella di maturità, in cui l’evoluzione si presenta sotto forma di maggiore struttura e complessità olfattiva.

La serata è proseguita con la verticale di Ad Decimum, un blend di Malvasia Puntinata, Trebbiano Verde e Trebbiano Giallo, detto anche Greco Antico. Dall’annata 2022, ricca di profumi e buona struttura, siamo risaliti fino alla prima annata prodotta nel 2017. Anche in questo caso il percorso all’indietro ha confermato il potenziale di longevità del vino che, al momento, trova a mio avviso nell’annata 2018 la sua massima espressione, caratterizzata da una complessità olfattiva data da sentori vegetali, di erbe aromatiche e speziatura dolce accompagnata da una buona struttura. La freschezza ancora intatta e la buona sapidità danno al vino un ottimo equilibrio gusto-olfattivo.

Abbiamo avuto anche l’occasione di fare un assaggio del neo-nato della Cantina Ranchella, il Crypta. Nasce da un progetto comune dei Vignaioli in Grottaferrata, un progetto che richiama territorio fin dal nome (il toponimo Grottaferrata deriverebbe proprio dalla Crypta Ferrata situata all’interno del Monastero Esarchico di Santa Maria). Il Crypta di Emanuele è una Malvasia Puntinata in purezza dal colore giallo paglierino intenso, i toni caldi, i sentori di frutta bianca, erbacei e floreali. Sapido al gusto, presenta una piacevole sfumatura di mandorla fresca. Un vino dotato di un potenziale evolutivo che lo può portare a livelli molto alti, per questo non ci resta che attendere…

Dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, è emersa dal profondo della grotta una bottiglia di Cannellino 2011 (per inciso, primo anno della DOCG), l’ultimo prodotto da Emanuele, che ancora una volta ha confermato di essere un grande vino, fatto “come deve essere fatto il Cannellino“, dice Emanuele, ovvero con la raccolta tardiva delle uve, talvolta botritizzate, possibile grazie agli autunni miti e soleggiati che si riscontrano in quell’area. L’elevata concentrazione zuccherina fa si che nel processo di fermentazione una parte di essi non viene svolto, lasciando un residuo che per disciplinare non può essere inferiore ai 35 g/l.

Al termine, non si può non ringraziare Emanuele per la piacevole ed interessante serata in cui ci ha dato un’altra occasione di scoprire ancora qualcosa di nuovoi suoi vini.

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