
C’era una volta l’uva da taglio, un’uva non ritenuta meritevole di essere vinificata in purezza e che perciò veniva concepita per migliorare alcune caratteristiche di vitigni più nobili. Il fenomeno era tipico di regioni del sud del paese come la Puglia la Sicilia o la Calabria. La raccolta tardiva conferiva ai vini un colore intenso, una forte struttura ed un elevato titolo alcolometrico. Il tutto, naturalmente, a scapito di qualità e finezza tanto da far ritenere i vini di queste regioni non adatti alla vinificazione in purezza. Quelle stesse caratteristiche li rendevano però molto ricercati dai produttori del nord proprio per rafforzare quegli elementi di cui a volte difettavano. Questa prassi è descritta anche da Mario Soldati nel suo splendido reportage sull’Italia del vino titolato “Vino al Vino”.
Negli ultimi anni però le cose sono cambiate. La ricerca della qualità da parte dei produttori, una diversa capacità narrativa nei confronti del prodotto vino e l’accresciuta sensibilità da parte dei consumatori hanno portato il vino italiano a livelli molto alti facendo scoprire a critici e consumatori la ricchezza dovuta alla varietà del patrimonio ampelografico, in grado di dare vini eccellenti in ogni luogo del paese rappresentandone bene il territorio.
Uva Fiera, la bella manifestazione che si è tenuta a Roma dal 4 al 6 dicembre nel quartiere di Testaccio, presso la Città dell’Altra Economia, all’interno dei locali dell’ex mattatoio, ha voluto celebrare proprio questa crescita. Una manifestazione anzi, utilizzando un gioco di parole, una fiera interamente dedicata ai vini storicamente utilizzati come da taglio per arricchire o correggere le caratteristiche dei loro fratelli nobili ed oggi orgogliosamente prodotti in purezza mantenendo il loro tratto distintivo in grado di raccontare il territorio di provenienza.
Ampia la selezione delle cantine presenti, nella maggior parte piccoli produttori, artigiani del vino, in rappresentanza di tutte le regioni italiane. Produzioni in molti casi di tipo biologico o naturale, in molti casi da vitigni particolari, fino a poco tempo fa in stato di abbandono e solo recentemente riscoperti.
Come il Virdis il vino prodotto con uve di trebbiano verde da Emanuele Ranchella nel Lazio, a Grottaferrata, con i suoi riflessi verdolini, l’aroma fruttato e l’accattivante freschezza.
O come il Camaiola, la barbera del Sannio prodotta dalla giovane cantina Simone Giacomo a Castelvenere, in provincia di Benevento, con il vitigno a bacca rossa presente soprattutto nella Valle Telesina.
Ancora, Aryete, prodotto con uve caprettone coltivate sulle pendici del Vesuvio da Casa Setaro, affinato in anfora e tonneau per sei e per altri due in bottiglia. Sempre con uve caprettone Casa Setaro produce anche due spumanti metodo classico, un Brut e un Pas Dosé.
Molto interessante anche la produzione di Podere Riosto, cantina che si trova a Pianoro, nei pressi di Bologna. Tra i loro vigneti è stata riscoperta negli anni ’60 un’uva antica che dopo accurati studi è stata inserita nel Registro Italiano Vigneti con il nome di vite del Fantini. E’ un’uva a bacca rossa che viene vinificata in due versioni, uno spumante Brut Rosè metodo Charmat denominato For You ed un rosso denominato Vecchio Riosto.
Diversi gli spunti offerti dalla Toscana, tra cui il Sovernaja di Terre di Sovernaja prodotto con uve verdacchio, antico vitigno autoctono quasi del tutto scomparso, rinato grazie alla scoperta all’interno del vigneto di piante vecchie di 120 anni la cui vinificazione in purezza ha avuto inizio con la vendemmia 2019.
Pregevole anche il lavoro svolto dai giovani produttori della cantina Terre dell’Angelo di Piedimonte Matese. Con uve di pallagrello a bacca rossa e a bacca bianca producono rispettivamente il Tempo e La Volta. Si dice che questo vino fosse il preferito del Re Ferdinando IV di Borbone che ne decantava le doti anche se qualcuno sussurra che il motivo fosse legato al fatto che venisse prodotto da una delle sue amanti e che lui volesse incentivarne il consumo.
In Calabria, la cantina Brigante produce un gaglioppo di qualità sia con il Cirò DOC Etefe che in versione IGT Calabria con Zero Rosso, un vino senza solfiti aggiunti. Notevole anche il loro Phemina, un Cirò DOC di uva greco bianco.
Per il Veneto presenti due cantine condotte da giovani produttori, Alessandro con il marchio Aretè produce un Soave DOC di grande bevibilità mentre Federico della cantina Zambon Vulcano Wines produce Vulcano 36, un vino molto fresco e minerale a base di uva durella.
Infine, Claudio Giachino nelle Langhe produce Barbera e Dolcetto ma soprattutto un Langhe Bianco DOC a base di barbera vinificata in bianco, dal colore intenso che vira sul rosato, una buona intensità olfattiva e una importante struttura.








